La mancanza assoluta di schemi tipica di una disfida tra avventori pregni di Becks, l’assenza di tenacia, d’aggressività, di dignità unita all’incapacità di quell’oste prestato al calcio e travestito da CT da un bambolotto razzista, ci priveranno, probabilmente, del mese magico mondiale, della trasformazione in commissari tecnici di almeno una trentina di milioni d’italiani, delle grigliate estive pre partita, pullulanti di ignari/e interrompenti, ogni quattro anni, il sacro rito con domande tipo “scusate: mi spiegate una volta per tutte la regola del fuorigioco?” scatenanti, tra gli adepti, livori tipici della malavita organizzata; delle discussioni nei bar con dotte citazioni su calciatori sconosciuti, su virulente diatribe attorno ai vari 4-4-2, 3-4-3, estremizzate da alcuni vanitosi anche al 4-7-4.
Se da un lato scoccerebbe oltremodo l’esclusione degli azzurri, dall’altro ci rinfranca la certezza che molti degli attuali in formazione, tipo Verratti, con la stessa valenza di Orfini ad un convegno sui valori della politica, Parolo, che non giocherebbe neppure in una formazione rimaneggiata sammarinese, De Rossi al capolinea e il mistero egizio Bonucci, saluterebbero definitivamente l’epica maglia; e soprattutto la visione delle 32 partite senza l’Italia, rimarrebbe ad uso esclusivo dei veri fedeli della dea Eupalla(cit.), per i quali la presenza o meno della propria squadra nazionale, non muta assolutamente lo svolgimento dell’atteso rito mediatico mondiale, da gustarsi in salutare e monastico silenzio, sfanculando mare, monti e centri commerciali, pronti e bendisposti pure ad affrontare serenamente le ineludibili, torride domande quali “ma quando gioca l’Italia?” - “ieri ho visto giocare gli azzurri. Perché in formazione ci sono così tanti francesi?” proferite dai soliti/e aficionados occasionali quadriennali, autentiche spine nel fianco di tali adepti, smaniosi di godersi pure un Iran - Costarica, in differita notturna.
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