martedì 3 ottobre 2017

Nella notte


Capita di sbagliare il ritmo circadiano, a proposito complimenti ai tre scienziati che hanno appena vinto il Nobel per lo studio in merito, a cui chiederei molto umilmente di analizzare il mio; sbagliare l'entrata nel sonno ed addormentarsi verso le 21 per poi divenir brillante alle 2 di notte, in cerca di qualcosa che mi faccia riappisolare, come la scorsa notte, lunga da passare; le ore che vanno dalle due alle quattro sono interminabili e né la lettura, né la visione di un film, possono farle gustare in agio. 
Allora compaiono in cervice personaggi letti o visionati, supportanti l'attesa del nuovo albeggiare: ecco transitare per il salotto Anna Karenina, con il suo alone di regalità, le sue arie eccentriche a ricordarmi che il tomo narrante la sua vita è ancora lì, solo fugacemente violato dalla mia lettura psicotica, vorace e molte volte inconcludente, con mezze inezie sfuggenti, infarinature, buffetti culturali senza enfasi. La ringrazio assieme al grande Lev per sì tanto meraviglioso racconto, dicendole: "Anna, pazienta, ancora non sono pronto al completamento, forse non lo sarò mai!" il che, m'accorgo, l'incompleta, con contorni di viso non chiari, con colori del vestito sfuocati. 
Ella lascia la stanza interdetta, innervosita da tanta superficialità e l'arrivo del carcerato matricola 7474505B, terminante la pena, riporta allegria ed eccelso sound: Jake Blues sta uscendo, ritirando l'orologio digitale Timex rotto, un profilattico non usato e circa venti dollari; suo fratello Elwood lo sta aspettando con la macchina della polizia comprata all'asta per andare a svolgere un capolavoro assoluto del cinema, con colonna sonora unica ed universalmente riconosciuta come una delle migliori. 
Jake porta il buonumore dei suoi silenzi, le sue frasi mozzate, la "Baaand!" e conseguentemente, un piccolo ritorno del torpore. 
Ma l'entrata del Narratore creato da Proust mi rificca dentro l'ansia dell'esistenza, del vagare notturno attorno a me stesso; lo rimiro sommessamente, come quando incontravo la professoressa d'italiano in un bar, riprovando la sua spietatezza nell'evidenziare i miei limiti, la ricerca del disagio, la rinascita della timidezza. Ricordo come speravo che la prova passasse, la guardavo di sbieco, annuendo a qualsiasi cosa ella diceva. M'avesse detto che la Luna a volte diventa verde smeraldo avrei annuito. La severità con cui fuori dalla scuola m'approcciava, la ritrovo nel Narratore, incredulo che ancora sia ad un terzo della Recherche, lo sguardo roteante nel ricercar demoni e frecce da scagliare, il tetro arricciar di sopracciglia sintomo di furore, il mio infimo scusarsi, la promessa di riprendere il cammino, ansimante e ben poco ossigenato. 
Verso le quattro per fortuna Morfeo mi riavvolge a sé, i rumori dei primi camion e le sparute macchine confermano che Madame Alba non tarderà l'ingresso nella vita comune. 
Vampirescamente i figuri s'allontanano, molti col fermo proposito di un ritorno. 
Osservo, nell'abside lucente del mio peregrinare questa volta sognante, che gli dei sono più benevoli nel sonno che nel sopito, nel vagheggio attorno alla soglia del riposo totale. Forse perché s'incazzano allorché avvertono la recalcitrante ritrosia dell'abbandono circadiano nel fantasticare.    

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