venerdì 20 ottobre 2017

Il Destino è quel che è!


Dal 1385, 632 anni fa, quella pietra è restata incastonata nel complesso maestoso di Santa Croce a Firenze, la basilica accogliente le spoglie di Michelangelo, di Galilei, di Machiavelli, Alfieri, Foscolo, Rossini. 
Per 632 anni, un'era intera, l'immoto della bellezza architettonica e artistica ha atteso il cinquantaduenne spagnolo Daniel Testor Schnell, in vacanza spensieratamente con la moglie. 
In lui che avrà sognato, agognato questo momento splendido fiorentino, si raccolgono i detti famosi del filo d'erba, del destino beffardo, l'esilità della vita, la concatenazione degli eventi, l'appuntamento con la sorte, il vegliare cristiano, la malasorte, tutto quanto descrivente l'ineluttabilità di ogni vivente. 
L'assurdo è sempre smanioso di manifestarsi, ovunque ed in ogni istante, e a volte non ci capacitiamo di come stia acquattato come un ghepardo affamato, pronto a sminuire i nostri sentimenti, apparentemente rocciosi, di agiatezza, progettualità, di lungo termine, artifici che permettono di godersi l'esistenza, celando caducità ed inconsistenza. 
Quel capitello ha atteso, forse mal manutenzionato, l'appuntamento con Schnell e non serve a nulla il pensare che casualmente ciò che avviene non è concernente con e nella storia; l'imprevedibilità scolora il destino: è toccato a lui perché c'era lui e se capitava ad un altro ci sarebbe stato un altro. 
La realtà attualizza la nefasta probabilità: se si fosse allacciato le stringhe prima di entrare non gli sarebbe successo nulla, e magari un altro che affrettando il passo lo avesse superato nella coda per entrare, oggi non ci sarebbe più.
Se andassimo dietro a questi pensieri, s'impazzirebbe. Resta il dolore per l’evento e la consapevolezza di non poter contare troppo sul prossimo respiro, con la speranza fragrante, inspirando, di gustarselo appieno.

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