giovedì 24 agosto 2017

Nell'espressività


Lo conosco da tanti anni quel signore che abita nel mio palazzo, una persona veramente per bene, avanti negli anni, claudicante, sorretto da un bastone, il passo incerto, le gambe provate dal tempo, inarcate quasi a cercar aria per proseguire nel cammino, l'aria spesso assorta, la bocca quasi sempre aperta configurante un'espressione strana, tra il serio ed il faceto, l'arrancare nell'apprendimento, la sordità avanzante, i movimenti moviolati quasi ad annunciar la resa.
L'ho intravisto l'altra sera seduto su una panchina per guadagnar frescura. Parlava con un uomo prossimo al viandante, mal curato, capelli trasandati il quale, mentre transitavo vicino a loro, gli diceva "la morte non deve far paura. Dopo la morte c'è sicuramente un'altra vita!" e il mio condomino ad annuir di testa, con faccia slargata, occhi lucidi e pregni di lacrime pronte ad irrorare il viso, i movimenti acconsenzienti della testa trasmigravano la sensazione di speranza, di arsura di certezza per una continuità di chi, vedendo appassire i giorni, arde nel credere ad un secondo tempo, a detta di molti, migliore del primo.
Vedere quel volto rigato dall'ineluttabilità, dal cedimento di antichi ed ancorati convincimenti, nel crinale sempre più irto e sottile preannunciante una prossima interminabile caduta verso il mistero, osservare il velo degli occhi stanchi, trasognante un abbraccio sperato in millenni da spiriti salubri, udirne il ronzio generato dallo sforzo mentale e corporale per immaginarsi qualcosa di pacificante, di addolcente e ristoratore, per calmare l'ansia del futuro sempre più presente, scatenante la domanda ronzante in ogni uomo: "possibile che tocchi a me?"
Quel viso tendente al positivo ma non scartante paure e tremori, quello sguardo focalizzante ciò che il vissuto obnubila con ogni artificio, a volte squallido, a volte demenziale, che lo stordimento odierno posticipa in un infinito che non esiste, mi gratificano nell'averlo conosciuto, personificazione di me stesso allorché, a Dio piacendo, tasterò l'aria pesante della partenza, l'attimo sensoriale agghiacciante simile all'alzarsi in treno per preparare i bagagli, visto che i sensi staranno confermando l'approssimarsi della stazione d'arrivo. Prometto che penserò a lui, alla sua espressione ricercante l'oasi della consapevolezza di una trasformazione in un vuoto pieno, in un buio spazzato dalla luce, nel mistero iniziato già qui, da questa meravigliosa e tremolante vita.      

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