giovedì 20 luglio 2017

Descrizione ineccepibile


Lei, al solito, con questo articolo ha detto tutto!

giovedì 20/07/2017
Mattarella, maestro dell’ovvio

di Daniela Ranieri

Mattarella è una presenza, o quasi, rassicurante nelle nostre convulse giornate. C’è gente che non vede l’ora di essere condotta in commissariato per trovarsi di fronte al ritratto di Mattarella e da tale vista trarre pace e ristoro. Mattarella fa due cose, principalmente: depone corone e tace. Talvolta parla, ma nel suo caso è una variante del silenzio, un espediente per mezzo del quale può continuare a non dire niente riposandosi dal suo attivismo che consiste nel tacere, tenacemente e alacremente, come se avesse preso i voti anni addietro e osservasse la regola.

Ieri, nel discorso al Csm per ricordare Borsellino, ha detto che “è indispensabile diffondere, particolarmente tra i giovani, la cultura della legalità”, non dell’illegalità, e che il metodo del giudice era “un patrimonio prezioso perché basato sulla collaborazione tra un gruppo di colleghi affiatati, in grado di condividere conoscenze e prassi attraverso una costante e reciproca verifica degli orientamenti, al fine di arrivare all’adozione congiunta dei provvedimenti più rilevanti”. Come si vede, un minuto di silenzio sarebbe stata la stessa cosa.

Ultimamente Mattarella è molto occupato a parlare, cioè a tacere, in merito a questioni inattuali della vita democratica: omaggi, rimembranze, commemorazioni e persuasioni morali rivolte a soggetti imprecisati, che impegnano i quirinalisti in faticose identificazioni spesso anche con l’aiuto del Ris di Parma. Maestro della tautologia (“la democrazia è di tutti”), evita sempre accuratamente di impelagarsi in questioni attuali, preferendo giocare il ruolo di Spirito guida della nazione in affari ben più alti che le baruffe quotidiane, spesso macchiate dalle passioni umane. Il 25 aprile scorso esortò tutti a ricordare la Resistenza, ma, beninteso, “senza odio né rancore”, forse intendendo che al nazifascismo gli facciamo più male con l’indifferenza. I 215 orologi e pendole del Quirinale fanno a gara con lui a chi la spara più prevedibile: “Chi appicca incendi va punito con severità”, din. “La corruzione divora le risorse destinate ai cittadini”, don.

“Ciascuno concorra con lealtà alle spese della comunità”, din. “Non si può affidare ai trafficanti di esseri umani la chiave delle migrazioni”, don. E poi, bere molta acqua, non uscire nelle ore più calde, non sporgersi dal finestrino, cedere il posto agli anziani e ai mutilati di guerra, dare la precedenza. Questa correttezza da cartello stradale si riverbera sul Twitter del Quirinale, sul quale non ci perdiamo una commemorazione di Mattarella, ormai per antonomasia “persona perbene” (come se il fatto che il presidente della Repubblica italiana sia una persona perbene ci sorprendesse sempre un poco).

Mattarella è una specie di fiamma tricolore umana che viene tirata fuori dall’hangar per le celebrazioni e poi rimessa nel parcheggio. Qui appare in immagini di divismo esasperato: mentre esamina alcune monete in una teca, mentre pone una corona di fiori ai Caduti, mentre col Governatore del Canada esegue “la piantumazione di un castagno”. Mattarella con gesto atletico sostiene una pala piena di terra nell’atto di contribuire alla piantumazione dell’albero peraltro già piantumato. Il gesto, birichino quanti altri mai, gli provoca un cenno di sorriso sul volto, come a dire “per questa volta passi, ma non coinvolgetemi più in simili marachelle”. Per non maltrattare il dizionario con inutili interpellazioni, c’è un’espressione passepartout a cui Mattarella ricorre: “Non dimenticare”. Lo dice sempre: il 25 aprile; durante un brindisi coi presidenti dell’Ue (“Con Ue abbiamo avuto 60 anni pace e sviluppo, non dimenticarlo”); deponendo una corona alle Fosse Ardeatine; deponendo una corona alle vittime del sisma de L’Aquila; l’altro ieri a Sondrio per i 30 anni dall’alluvione della Valtellina, quando, deponendo una corona, s’è concesso uno strappo al protocollo: “Non possiamo, né dobbiamo, dimenticare”. Sulla legge elettorale, invece, ha deposto una corona immateriale: le ultime sue parole, si fa per dire, risalgono ad aprile, quando raccomandò di “farla subito”, forse a noi, forse ai politici (che, come si sa, hanno finto di non dimenticarlo e poi sono tornati a fare i loro comodi). Ecco, non dimentichiamo che se Napolitano era “custode della Costituzione” (tanto da preferirle quella di Renzi-Boschi-Verdini), Mattarella non disdegnò i tentativi di “svecchiamento” della stessa ad opera dei giovani leopoldi. L’anno scorso agli studenti della Columbia University disse che la riforma avrebbe influito “sull’efficienza e sulla velocità delle decisioni” e avrebbe portato a “un significativo recupero di competitività per il nostro Paese”.

Purtroppo vinse il No e siamo rimasti lenti, inefficienti e non competitivi; altrimenti con uno così peperino alla presidenza della Repubblica e uno statista tanto autorevole al Governo chissà dove saremmo arrivati.

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