mercoledì 28 giugno 2017

Liscivia


Ci dev'essere necessariamente uno scadenzario, aggiornato, curato, coccolato, perché ogni qualvolta ricorre un anniversario di tragedie irrisolte, partono dichiarazioni altisonanti, rimbrottanti un sistema in cui i principali attori sono gli stessi che stigmatizzano enfaticamente, quasi, gridando alla luna. Par quasi di udire "Segretario! Cosa scrissi lo scorso anno?", "Pensa che questo concetto possa innervosire qualcuno?" e via andare, anno dopo anno, sino a completare l'opera con l'agognato Dimenticatoio, idealizzato con i lavatoi pubblici ove con liscivia le donne di un tempo detergevano i panni.
Se chiediamo infatti alle nuove generazioni, stordite da palmari ed affini, cosa ricordino loro parole come Italicus, Ustica, Emanuela Orlandi, Mirella Gregori, piazza della Loggia, via D'Amelio, Capaci, Aldo Moro, via dei Georgofili, il Papello e la Trattativa, Ilaria Alpi, non otterremo probabilmente risposte, forse impercettibili sorrisi, facce stranite, ondivaghi dinieghi.
Si dirà che Piazza della Loggia parrebbe essere stata risolta, con le condanne definitive di due bastardi neppure nominabili, di cui uno, visto che non gli avevano neppure sequestrato il passaporto, pur se condannato da due processi, era a Fatima a non si sa che cazzo fare. Può essere. Di sicuro il burattinaio è, come tutti gli altri, a sghignazzare in qualche aureo luogo, a meno che sorella morte non vi abbia messo una decorosa pezza.
Ieri, 27 giugno, per la trentasettesima volta, i vertici dello stato hanno ricordato l'anniversario della strage di Ustica in cui 81 persone furono probabilmente assassinate, non si sa da chi e per cosa, tra documenti con firme falsificate e tracce d'esplosivo.
Al solito e secondo Canovaccio, è partito il ricordo istituzionale, flebile per non disturbare i manovratori da noi eletti, non tutti, impegnati come sono a delineare nuove forme evolute, per loro, di accordi politici intricati, tra una sinistra tendente al centrodestra, ed un centrodestra proteso a un'emarginazione, quasi un'estrusione umanitaria, con il contorno di movimenti di babbei agognanti l'unicità, la deificazione del loro pensiero e la smania a non accordarsi con nulla, anche con se stessi: 
"Alla domanda di giustizia le Istituzioni hanno il dovere di dare risposta, percorrendo fino in fondo la strada della verità e facendo onore alla professionalità e alla dedizione di uomini dello Stato che sono riusciti ad aprire questo cammino superando ostacoli e difficoltà".
"Resta impressa nella coscienza del Paese come un evento tragico e come una ferita sempre aperta, per le vite spezzate, per le indicibili sofferenze dei familiari, e per il vulnus alla sensibilità civile e democratica del nostro Popolo".

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