In un'ipotetica classifica, molto personale, tra coloro che m'innervosiscono solo col il respiro, figurarsi con scritti e baggianate orali, Socci figura sempre nelle prime posizioni a contendersi, con altri fuori quota, ad esempio il lardoso giocatore di poker infangante croci con i suoi editti, il primo posto tra i detestabili. Scrive l'inetto per vivere in agio, ed accortosi che la visibilità remunerante d'oggi, come da tempo immemore, sia, al solito, lo sparlare fuori dal coro, attacca, incitato dagli innumerevoli tradizionalisti ed integralisti ancora presenti ed intenti a contendersi e spartirsi calze paonazze, il Pontefice argentino, uomo di pace e di fede.
Sproloquia, angustiato da questa inetta, per lui, ideologia pregna di carità, mantelli donati agli ultimi, guance riproposte dopo ceffoni, sedute in ultima fila fuori dai fasci di luce, accoglienza incondizionata dell'altro senza nessuna preclusione di sorta dovuta a colore, razza o fede.
Socci non lo sa, o finge di non saperlo per ritorni economici, ma pare che quanto sopra venga chiamato cattolicesimo. Pensiero molto diverso dal suo e da quello dei suoi adepti.
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