martedì 8 marzo 2016

Un bellissimo articolo di Travaglio


martedì 08/03/2016

Siamo tutti Zaman
di Marco Travaglio

Venerdì notte la polizia turca ha fatto irruzione nella sede di Zaman, unico quotidiano libero e dunque antigovernativo rimasto in Turchia, che non a caso vende 650 mila copie, per assumerne il controllo su ordine del molto democratico presidente Tayyip Erdogan. I giornalisti e gli impiegati hanno tentato di resistere e si son beccati una raffica di proiettili di gomma e lacrimogeni. Poi, in mattinata, sono giunti i nuovi amministratori e i nuovi giornalisti inviati dal governo a rimpiazzare quelli sgraditi. Il direttore Abdulhamit Bilici non ha neppure potuto entrare nella sua redazione: l’hanno lasciato nella hall e lì gli hanno fatto firmare le dimissioni spontanee. Domenica è uscito il “nuovo” Zaman: una bella foto di Erdogan in prima pagina, un titolone per celebrare la sua ultima grande opera, il nuovo ponte sul Bosforo, e vari articoli encomiastici sul presidente. La stessa sorte era toccata cinque mesi fa ad altri due quotidiani non allineati, Bugun e Millet, subito normalizzati come tre anni fa era accaduto al Sabah. Ora finalmente l’ordine regna ad Ankara, capitale della Turchia che Berlusconi e Napolitano volevano portare in Europa.
In Italia, per fortuna, non sono necessari i blitz della polizia per trasformare i giornali in Pravde governative: provvedono essi stessi con gran lena e voluttà, con stomaci d’acciaio e soprattutto con gran risparmio di fatica, soldi, pallottole e lacrimogeni. Prendete l’Unità: per vent’anni ha pubblicato articoli ferocissimi contro il Ponte sullo Stretto di Messina, progetto demenziale e criminogeno del governo B. che corona il sogno confederale di unire la ’ndrangheta e la mafia. 
Poi è bastato che Renzi lo facesse proprio e l’Unità se l’è fatto piacere un bel po’. Siccome però Renzi, diversamente dallo statico Erdogan, è piuttosto mobile e cambia idea a ogni variazione del tasso di umidità, le sue Pravdine e i suoi palafrenieri sono costretti a contorsioni, evoluzioni e free climbing pressoché quotidiani. Un mese fa, per dire, l’Unità e Repubblica sparavano a zero contro chi osava proporre lo stralcio della stepchild adoption dalla legge Cirinnà. Poi lo stralcio l’ha imposto Renzi e oplà, anche Unità e Repubblica gli han votato la fiducia: viva lo stralcio, abbasso la stepchild adoption! E le battaglie contro la legge Gasparri e l’occupazione governativa della Rai? Grandiose, memorabili, epiche (quando c’era B.). 
Poi Renzi conferma la legge Gasparri, anzi la peggiora esautorando il presidente e il Cda.
E dà tutto il potere al direttore generale nominato da lui, che nomina i direttori di rete voluti da lui, che nomineranno i direttori dei tg voluti da lui. E allora viva la Gasparri, viva l’occupazione governativa della Rai! Tuoni e fulmini contro Mondazzoli, l’orrenda concentrazione editoriale a scapito del pluralismo culturale. Poi nasce StampubblicaXIX dalla fusione De Benedetti-Elkann-Perrone, e allora contrordine compagni: viva le concentrazioni editoriali, abbasso il pluralismo! Mesi e mesi a magnificare il “ruolo guida” che avrà l’Italia di Renzi nella missione militare in Libia, orgoglio e vanto del ritrovato prestigio nazionale nel mondo. 

Poi Renzi va dalla D’Urso, previo vertice con Confalonieri, e dice: guerra? Quale guerra? Se becco il gufo che ha parlato di 5 mila soldati italiani in Libia lo faccio nero. Purtroppo i gufi si chiamano Paolo Gentiloni (“L’Italia è pronta a combattere in un quadro di legalità internazionale”, 13.2) e Roberta Pinotti (“Libia, pronti 5 mila uomini… Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5 mila uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l’Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente”, Il Messaggero, 15.2). E sono i ministri degli Esteri e della Difesa del governo Renzi. Ma, dopo il summit Renzi-D’Urso, si sorvola. Anzi: chi è il fellone che s’è permesso di parlare di guerra?



Per 65 anni l’Unità e per 37 Repubblica, con gran coro di giuristi, intellettuali e artisti, hanno difeso a spada tratta la Costituzione più bella del mondo dai golpisti gollisti, piduisti, craxiani e berlusconiani che volevano snaturarla in senso presidenziale mortificando il Parlamento. Poi tre anni fa Napolitano e due anni fa Renzi decidono che è giunta l’ora di snaturare la Costituzione in senso presidenziale, mortificando il Parlamento e regalando un po’ di gioia agli ultimi mesi di vita di Licio Gelli. E allora il golpismo gollista-piduista-craxian-berlusconiano diventa la “grande riforma” che modernizza l’Italia. Domenica abbiamo pubblicato il manifesto del No al referendum costituzionale scritto da Gustavo Zagrebelsky. Ieri l’Unità – che nel 2006 guidava i Comitati del No alla controriforma di B., con Renzi sulle barricate – ha fatto manganellare Zagrebelsky da tal Carlo Fusaro, neodirettore dei Quaderni Costituzionali del Mulino (fondati, fra gli altri, da Zagrebelsky): “Estremista”, “fazioso”, “miope”, “demonizzatore” che “fa di tutta l’erba un fascio”. Già che c’era, Fusaro ha pure riabilitato Gelli da chi, come Zagrebelsky, demonizza il “presunto golpismo degli anni 70”, mentre com’è noto il sor Licio era un sincero democratico. La conclusione è impareggiabile: “Di alcune tesi si potrebbe (si dovrebbe) pacatamente discutere: ma è l’impostazione del tutto, il senso di un pregiudizio profondo, ideologizzato e per nulla laico che lo rende pressoché impossibile. Peccato. Cercheremo altri con i quali discutere del sì e del no”. Ecco, bravo, scegliti tu l’avversario. 
Perché non provi con Verdini?

Nessun commento:

Posta un commento