Ma si dai! Facciamoci del male! Ecco l'articolo di Giuliano Ferrara apparso martedì su il Foglio. Che è un giornale! Credo fosse una specie di domopak per incartare le uova! Ma guarda!
Forse il cardinale Kasper,
sicuro di una spietata inimicizia verso Francesco di noi che denunciamo il
"Papa che piace troppo", si ricrederà. Forse si ricrederanno, vi sta
ora la vera dialettica di amico -nemico emersa con il Corvo democratico e
rivoluzionario, i teorici del complotto, della vasta cospirazione curiale
contro il Papa rivoluzionario e pauperista e la sua teologia o pastorale del
popolo. Forse si rileggeranno in una
luce di verità, o mezza verità (non montiamoci la testa) quel che abbiamo scritto
per irridere la sola idea, cara all' establishment laicista neodevoto, di un
Papa buono in mezzo ai lupi (che era il caso semmai di Benedetto XVI, e abbiamo
visto a quali esiti la cosa condusse).
Allora. Francesco vuole cambiare
e cambia la faccia della chiesa. Non è buono né cattivo. Fa le sue scelte, il
fine di riconquistare il mondo a un'idea accettabile di chiesa cattolica è
santo, i mezzi sono da gesuita, insidiosi. Incita i suoi alla lingua sciolta o
parresia. Punisce i dissensi che giudica intollerabili ma stimola il conflitto
che a lui sembra condotto entro i limiti della buona fede. Minaccia riforme
radicali e come sempre succede le fa a metà. Entrano in scena i complottato. Si scopre che sono quelli di ieri, gli stessi che ce l' avevano con Benedetto
e che sputtanavano la Curia romana con mezzi banditeschi, gli eredi legittimi
dell' attendente di camera del Papa emerito, condannato e perdonato. Questi
dicono sempre la stessa risibile cosa: siamo al servizio del bene del Papa.
Parlano agli stessi giornalisti, i soliti cronisti neutri e per carità
"estranei ai giochi". Forniscono le solite cartuccelle
trafugate. Sono pettegolezzi grotteschi, spiate e spifferate sui veri o
presunti vizietti curiali e cardinalizi. Un appartamento qui, un' auto di lusso
lì, e via con la campagna sulla Casta vaticana, il caro Gian Antonio Stella
adiuvante sul Corriere. Da rabbrividire, ma di noia. Però copie vendute sul
sicuro, traduzioni istantanee in 23 paesi, leggende nere, scandalo, arresti. Dovessimo usare lo stesso metro
politicista dei tifosi di Francesco, che vedono lupi antiBergoglio da ogni
parte o ce li fanno vedere per gola, dovremmo dire che i complottatori sono
bergoglisti dell'ala militante. Per loro la Curia è una "lebbra",
celebre definizione del Papa regnante consegnata a Scalfari.
Ora la Stampa, che insieme ad
Avvenire, Repubblica, il Fatto e Giornalista Collettivo andante è all'
avanguardia del Vatican insider in ogni senso, ora denuncia, per la penna di
Andrea Tornielli, pasdaran, il complotto di quelli che vogliono aiutare
Francesco con mezzi capaci di danneggiare le corna di un bisonte.
Ma l'altro vaticanista del
giornale, il gran Galeazzi, riporta condiscendente e sornione in un pezzo
impaginato sotto Tornielli, stessa musica in altre testate, una schietta
autodifesa della Francesca Immacolata Chaouqui, una pierre vipparola,
festaiola, filobloggista e filogiornalista finita non si sa bene come nel posto
sbagliato e nel momento sbagliato. Dice che lei non ha fatto niente, voleva e
vuole rendere un servizio alla chiesa, è tutta colpa del monsignore spagnolo
dell' Opus Dei.
Parentesi: san Giovanni Paolo II
aveva da fare cosette di una certa importanza in giro per il mondo (abbattere
il Muro, riunificare l' Europa, difendere il cristianesimo e la vita), dunque
non aveva tempo per le storie di Curia, si alleò con l' Opus Dei che trasformò
in Prelatura personale di Sua Santità, e non successe nulla, tutto sotto controllo.
Nella vita bisogna avere delle priorità. E vabbè.
Ci vogliono di nuovo coglionare,
questo è il fatto. Si sa che l' uomo è di carne, anche con la tonaca. Si sa che
certo tipo di donna è ciarliera e intrigante (taceat mulier in ecclesia diceva
sant' Agostino, misogino ad honorem, di buon conio teologico). Si sa che le
proprietà immobiliari del Vaticano hanno un notevole valore e il catasto è da
sempre imperfetto, si specula e si fanno cose lubriche sulla pelle del
patrimonio di san Pietro. Si sa che la banca vaticana non è trasparente,
sebbene relativamente piccola e meno importante delle banche italiane che sono
state storicamente in relazione con essa (do you remember Ambrosiano?).
Si sa che l'obolo di san Pietro
è denaro da zona grigia operosamente circolante e riciclante, è nella sua
natura sociale di moneta esente da regole, non è mica una società finanziaria
mondiale da white list (e te la raccomando, la lista bianca) quella che risulta
dalle elemosine e dalle donazioni e dagli affidamenti di chiesa. Si sa che la
trasparenza non è tipica degli affari e degli appalti, in nessun dove e
tantomeno nella città del Vaticano. Embè? E' materia per la giustizia vaticana
ordinaria, per accordi istituzionali con i circuiti internazionali, per
inchieste giornalistiche di scopo e ambito limitato.
Perché invece è diventata, tutta
questa paccottiglia mezza vera e mezza farlocca, uno strumento di lotta al
vertice della Santa Sede? Non perché i Papi siano buoni e le Curie cattive, ma
perché la chiesa non è più retta con criteri rigorosi e forti, di autorità e di
potere, dai tempi del caro monsignor Marcinkus e del suo alto protettore san
Giovanni Paolo II.
Bei tempi, se si pensi alle
miserie della Dagochiesa dei giorni nostri. Ricordo un' estate il compianto monsignore
del caso Calvi, con le maniche corte e una faccia da paura, a cena con i suoi
pari alla trattoria romana della Campana: quelli sì che erano pretoni. Bene ha
fatto il Papa ad avallare gli arresti dei suoi pasdaran e a mettere in braghe
di tela i suoi stessi tifosi. Ma ci vuo altro. Insista. Extra ecclesiam nulla
salus
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