domenica 9 novembre 2014

Dissertazione


La pennica è sicuramente un'arma impropria. Se usata male o abusata può provocare danni abbastanza seri. 
Ognuno ha un suo limite, inserito nei cromosomi oltre il quale le controindicazioni divengono più numerose delle inesattezze della Santanchè. 
La mia frontiera è 27 minuti. Se riesco a dormire nel meriggio meno di quel tempo assaporo al risveglio il gusto del vivere, la fragranza del raccolto a maggio, l'energia delle oche del Campidoglio, le risa eruttanti per il buon proseguo della giornata.

Oggi pomeriggio ho sonnecchiato per 65 minuti.

Al risveglio cercavo la farfalla danzante di Muhammad Alì convinto di essere George Foreman a Kinshasa e chiedevo acqua al secondo. L'annebbiamento celebrale era tale che ho capito in quegli istanti la sofferenza di Gasparri. Ogni rumore, anche un peto di una zanzara era insostenibile e a domande ho risposto con gesti e segnali gutturali come se fossi appena precipitato con un Piper in una gabbia di ghepardi affamati e dall'udito finissimo. 

Lo sbaglio della tempistica della pennica porta con sé gli enormi quesiti stordenti dell'Universo: a parte i classici "chi siamo?" o "dove andiamo?" ecco sgorgare domande tipo "come si calcola l'attrito secondo le leggi quantistiche?" oppure "se cadessero contemporaneamente un doblone ed uno scudo d'oro a distanza di 10 mt uno dall'altro, quale raccoglierebbe per primo Formigoni?" 
Inoltre compaiono personaggi strani e temibilissimi nella stanza come ad esempio John Bonham, batterista dei Led Zappelin, pronto a scatenarsi nella celeberrima Moby Dick ovvero la deflagrazione della mia corteccia insofferente ai brusii che arrivano in lontananza dalla preghiera sommessa della vedova del settimo piano. 
Dopo una mezzora gli effetti devastanti dovuti allo sforamento scompaiono. 
Resta solo un'insana palpitola in fauce, che un robusto Sbagliato saprà curare, tonificando.

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