Testa a Pera ieri sera si sarà coricato nella convinzione che il suo fare, il suo mischiarsi in affari politici, per tornaconto, il suo progettare senza mettere in conto i progetti del Cielo, è finalmente finito. Quando Testa a Pera parlava, i politologi oltretevere andavano in fibrillazione. Il suo metodo, infimo e squallido, si dimenticava costantemente dei precetti, dei versetti, addirittura del Sepolcro vuoto, incentrandosi invece su questioni di vita sociale, pubblica, agevolando questo o quel politico prono ed amico, privilegiando la compagine guidata da un Puttaniere.
Testa a Pera proteggeva il suo orto politico ed ogniqualvolta qualcuno osava attaccarlo, faceva tirare fuori i concetti indiscutibili quali aborto, sacralità del matrimonio, critica aspra alle unioni di fatto, divorzio, concetti che divenivano paraventi per coprire i misfatti dei suoi adepti che facevano squadra con lui, Camillo Ruini. C'era chi, sicuro della salita al rosso cardinalizio addirittura contestualizzò una bestemmia del Maiale Nano, quel Fisichella dai gemelli d'oro di casa nella spelonca del neo-immarcescibile Vespa.
E poi la banda genovese, capitanata dal Bassotto Bertone che sta al cardinalato come la Minetti alle clarisse di clausura, Madamina che dirigerà ancora per poco la CEI con il suo fare principesco lontano anni luce dai Dodici in cammino. Dietro loro la ciurma bissosa degli emergenti sovrani che facevano riferimento al Card Piacenza, un surrogato di trame ed intrighi che avrebbe creato problemi anche ad M16 di zerozerosettiana memoria, i tetri Moraglia e Nosiglia assieme ai curiali monsignori tanto sicuri della salita al Soglio del ciellino Scola da ordinare già quintali di ermellino, vesti paonazze e champagne millesimati.
Ma venne un Uomo dalla fine del mondo e tutto questo scomparve, svanì, si dissolse tra feste e canti terreni e sicuramente... celesti!
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